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 Le Strade Bianche e Montignoso 2023



LA STAGIONE FEMMINILE IN ITALIA PARTE NEL SEGNO DELLE DOPPIETTE: DEMI VOLLERING E LOTTE KOPECKY DOMINANO LE STRADE BIANCHE, SHOW DI GAIA REALINI E AMANDA SPRATT A MONTIGNOSO. ELEONORA LA BELLA VINCE A CERIALE TRA LE JUNIORES. Testo di Vivian Ghianni - foto G.C. Monti  

Dopo le prime gare stagionali disputate all'estero, in cui non sono mancate bellissime soddisfazioni per i colori nostrani (successi per Arianna Fidanza ed Elisa Balsamo in Spagna, per Elisa Longo Borghini negli Emirati Arabi, per Marta Bastianelli a Le Samyn in Belgio e per Alessia Vigilia a Umag in Croazia), il 2023 del ciclismo femminile è ufficialmente cominciato anche in Italia con il primo atteso week end in Toscana che proponeva le Strade Bianche nella giornata di sabato 4 marzo e il Trofeo Oro in Euro a Cinquale di Montignoso domenica 5.
Grande attesa per la spettacolare gara senese, ormai divenuta una delle classiche più apprezzate d'inizio stagione, in quanto costituisce uno dei primi importanti banchi di prova in vista delle classiche primaverili. Anche in questa edizione la prova, disputata sulla distanza di 136 chilometri con partenza e arrivo a Siena, non ha certamente mancato di offrire emozioni, anche insolite: nei chilometri finali infatti l'entrata sul tracciato di un cavallo sfuggito alla custodia ha creato qualche minuto di apprensione ma fortunatamente tutto si è risolto per il meglio. Dopo una prima parte di corsa relativamente tranquilla il primo tentativo degno di nota è stato promosso dalla spagnola Iurani Blanco della Laboral Kutxa, dalla francese Morgane Coston della Cofidis e dalle nostre Alessia Vigilia della Top Girls e Silvia Zanardi della BePink, capaci di prendere un vantaggio prossimo al minuto. Dopo che il susseguirsi di settori di strada bianca ha contribuito a scremare il plotone, con alcune delle atlete più attese nelle posizioni d'avanguardia, il primo momento chiave si è registrato ad una quarantina di chilometri dall'arrivo, dapprima con l'allungo dell'olandese Karlijn Swinkels del Team Jumbo-Visma e poi con l'attacco della statunitense Kristen Faulkner, atleta del Team Jayco grande protagonista della precedente edizione del Giro Donne.
Pur essendo atleta particolarmente insidiosa, l'americana ha goduto di una certa libertà da parte del gruppo, riuscendo ad accumulare un vantaggio di circa 1'50", costringendo le altre a reagire per non veder sfumare le possibilità di successo. Ad accendere la miccia è stata l'attesa Demi Vollering, scattata a circa venti chilometri dal traguardo sul tratto sterrato di Colle Pinzuto e riuscita subito a guadagnare un buon vantaggio. Il suo attacco sembrava un'azione innanzitutto preparatoria e prova se n'è avuta sul successivo tratto delle Tolfe, dove a produrre uno scatto violento è stata la vincitrice uscente Lotte Kopecky, capace di staccare tutte le altre grandi protagoniste (su tutte Cecilie Ludwig e la campionessa del mondo Annemiek Van Vleuten) e di raggiungere la compagna di squadra Vollering poco dopo, dando vita ad un furioso inseguimento alla Faulkner. Il vantaggio del duo SD Works è cresciuto a vista d'occhio, rendendo così i giochi praticamente fatti: le atlete della formazione olandese hanno infatti messo nel mirino Kristen Faulkner proprio dopo aver superato l'ultimo chilometro e approcciato il duro strappo di via Santa Caterina, superandola entrambe e proseguendo verso il traguardo.
Proprio mentre ci si sarebbe aspettati un arrivo in parata, le due atlete hanno invece dato vita ad un appassionante testa a testa pur essendo compagne di squadra, con la volata risolta al fotofinish e con il miglior colpo di reni che ha premiato Demi Vollering, capace così di negare all'ex campionessa belga il secondo successo consecutivo a Piazza del Campo. Terzo posto a 18" per la generosissima Faulkner mentre distacchi ben più consistenti per tutte le altre: a 2'01" Cecilie Ludwig della FDJ ha preceduto la campionessa del mondo della Movistar Annemiek Van Vleuten, a 2'15" una splendida Puck Pieterse (grandissima protagonista nel ciclocross ma appena alla seconda gara su strada) della Fenix-Deceuninck ha conquistato il sesto posto, seguita da Katarzyna Niewiadoma (Canyon) a 2'16". Top dieci completata dalla campionessa tedesca Liane Lippert (Movistar) a 2'27", da Riejanne Markus (Jumbo-Visma) a 2'36" e da Pfeiffer Georgi (DSM) a 2'39". Assenti per vari motivi alcune delle nostre campionesse più attese, la prima italiana a tagliare il traguardo è stata Alice Maria Arzuffi, passata quest'anno nelle file della Ceratizit, che ha concluso la gara in ventesima posizione con un ritardo di 2'55".
Ventiquattr'ore dopo la classica senese cambio di scenario con il Trofeo Oro in Euro, altro consueto appuntamento con partenza ed arrivo a Cinquale di Montignoso, in provincia di Massa Carrara, contrassegnato da una distanza di 106 chilometri e dalle due ascese alla salita della Fortezza. Dopo una fase iniziale senza significativi allunghi, è stata proprio la prima delle due scalate a produrre l'azione decisiva: in testa al gruppo ha preso il comando delle operazioni la Trek Segafredo, dapprima con la campionessa australiana Brodie Chapman e poi con l'allungo deciso della connazionale Amanda Spratt, sulla cui ruota si è immediatamente portata la compagna di squadra Gaia Realini. La coppia ha subito fatto la differenza sulle pendenze insidiose anche se non proibitive, essendo entrambe delle ottime scalatrici (la Spratt ha concluso per due volte sul podio il Giro Donne), facendo così lievitare il vantaggio a circa un minuto in occasione del passaggio sul traguardo. A quel punto, nonostante qualche tentativo promosso da Claire Steels (Israel), Veronica Ewers (EF Education) e Morgane Coston (Cofidis) sull'ultima ascesa, la marcia di Spratt e Realini non ha conosciuto soste ed anzi ha visto ulteriormente incrementare il proprio vantaggio, giunto a sfiorare i due minuti. Entrambe le atlete hanno così coronato positivamente la loro cavalcata e sul traguardo la Spratt ha deciso di lasciare la scena principale alla pescarese Gaia Realini, che ha così potuto festeggiare la prima vittoria stagionale, confermando l'eccellente stato di forma mostrato negli Emirati Arabi al servizio di Elisa Longo Borghini.
Il gruppo inseguitore si è invece presentato sul traguardo con un distacco di 1'56" e la volata per conquistare la terza posizione e l'ultimo gradino del podio è stata vinta da Martina Alzini (Cofidis), che ha preceduto la canadese Alison Jackson della EF Education TIBCO e la brianzola Cristina Tonetti della Top Girls. Alle sue spalle si sono immediatamente piazzate altre due atlete azzurre, ovvero Arianna Fidanza della Ceratizit e Silvia Zanardi della BePink, seguite poi da Elynor Backstedt (Trek), Morgane Coston (Cofidis) e dalla russa Tamara Dronova che hanno completato la top ten di giornata. A completare poi il quadro del week end c'è stata anche la disputa del terzo Trofeo Città di Ceriale che, in provincia di Savona, ha segnato l'avvio di stagione per le ragazze juniores. Al termine di un tracciato mosso di 81,5 chilometri ad imporsi è stata Eleonora La Bella, riuscita così ad andare a segno nella prima gara al debutto nella nuova categoria. L' atleta laziale del BFT Burzoni VO2 Team Pink è riuscita a fare la differenza con uno scatto operato negli ultimi cinque chilometri di gara che le ha consentito di giungere al traguardo in perfetta solitudine. A 26" si è invece disputata la volata del drappello delle inseguitrici, che ha visto prevalere in seconda posizione Sara Piffer del Team Wilier davanti a Martina Testa del Canturino 1902. Quarta e quinta posizione appannaggio della Valcar con Marta Pavesi e Serena Brillante Romeo, seguite da Alessia Zambelli della Isolmant e da Camilla Lazzari della Wilier. Prime dieci posizioni completate poi da Irma Siri (altra atleta Valcar), Romina Costantini (Conscio Pedale del Sile) e Valentina Trussardo (Ciclismo Insieme).
 

 Marando, lo scriba del Ciclismo

Numerose sono le monografie dedicate a questo nostro sport ma il volume di Marco Marando non è di quelle che parlano di Coppi e della Dama Bianca, L’autore  ci racconta un ciclismo da tramandare alle età venture cui arriverà non solo ciò che egli ha raccolto "viva voce" dai protagonisti ma il senso profondo di questo sport splendente di umanesimo come un arazzo. E da questo punto di vista è il primo assoluto nella panoramica dell'editoria italiana, corposo nella trattazione e novellistico nella narrazione condotta in modo sistematico ed esaustivo. Il rosa che c'è nel titolo non è solo il colore delle gare coniugate al femminile ma anche quello dei sentimenti forti che le donne san far correre su quelle loro bici con le ali.

Un giorno, lo scriba del nuovo millennio si è messo a tavolino per drenare il secreto dell'anima delle cicliste che la pelle spreme in forma di sudore attraverso ogni suo poro, ove il sole vi cola a picco la luce di dio. Più che un libro da leggere questo è da vedere, non per via dell'iconografia pur ricca, ma per la narrazione visuale che impregna di sé la tessitura del racconto grazie alla forza allucinatoria che hanno le parole. É questa la parte più bella del racconto di Marco Marando, una favola bella imbevuta delle forme cromatiche del caleidoscopio della vita a pedali, fatta di borracce, volate, fughe, scalate, riti, cronometri, traguardi, altimetrie, protocolli, cerimonie e amore, tanto amore per quel sentimento che chiamiamo ciclismo e che porta con sé quello per la vita.

L'avventura in groppa a "La Bici Rosa" prosegue come romanzo che attraversa lo spazio e il tempo o meglio la geografia dei luoghi e le epopee che li hanno percorsi facendo grande questo sport, divenuto un genere letterario dove si sono profuse le più grandi firme del Novecento da Buzzati, a Vergani, a Piero Chiara. Marando ci riporta a quel clima: mi è sembrato di scorgere Montanelli, seduto in terra con la macchina da scrivere sulle ginocchia (famosa foto-simbolo del giornalismo di frontiera), quando l'autore si china a intervistare con devozione Marianne Vos e m'è parso di veder aleggiare sullo sfondo le ombre dei personaggi che han dato vita ai 'processi alla tappa' di Sergio Zavoli, quando anche la TV era "eroica" come il Tourmalet.

In questa parata di campionesse appare, tra le altre, la figura tosta della toscana Luperini che tracciò pagine di storia sulle vette mitiche del ciclismo-poesia (cinque giri e tre tour), con la levità d'un gabbiano che scala le creste irte fin sulla cima dei marosi più ostili. Poi il racconto scivola pei declivi della nostalgia e allora entrano nel turbinio dei ricordi le biglie e i tappi sulle piste di sabbia, gli autografi del campione, le mitiche voci della radio e poi ancora la prima televisione che trasforma in salotto il tinello di casa dove c'è un posto anche per il vicino. Sembra di udirlo quel vociare di Alfredo Oriani: "Lì sopra si è quasi in bilico, eppure si cessa di esserlo… la bicicletta è una scarpa, un pattino, siete voi stessi, il vostro piede divenuto ruota".  

A differenza di qualunque altro romanzo, la lettura di un'opera di ciclismo ti fa entrare in un libro che già parla di te e tu ti ci ritrovi perché è di lì che si vien tutti, da quella letteratura di vita: la fatica di vivere, il raccolto dei campi che deve durare, la virtù della misura, l'individuo moltiplica le ultime forze come i pani e i pesci di Cristo, la generosità che ti coglie in quel giorno di dio che ti farà campione. Marco Marando ci canta, e bene, delle "donne, i cavalieri, l'armi e gli amori" di questo nostro sport. Tutti ci ritroviamo in quelle sue pagine, insieme con esse ripercorriamo un pezzo della nostra storia, che lui intreccia all'arte, alla cultura dei luoghi, ai monti, ai passi, alle valli che hanno visto passare di lì il ciclismo dal vero come un’apparizione… e le ragazze dalla “Bici Rosa” a leggere la corsa con in fronte il sole.

           
                                                                                                                                                                       Giuseppe Baiocco
 

Intervista Involontaria a Riccardo Stacchiotti


Sto aspettando di essere intervistato negli studi televisivi di TVRS (Radio Televisione di Recanati), come di blogger di Ciclomarche. Con me ci sono altri ospiti. Dal vociare in corso, capisco che quel giovane che mi sta davanti è un ciclista vero. Incuriosito, approfitto di una pausa per chiedergli se sia un U23. Mi sembra molto giovane.
«No, da poco sono un professionista. Corro per la Vini Fantini Nippo», risponde sciolto come stesse facendo i rulli.
«Ah, sì la conosco!», faccio io con un certo imbarazzo avendo sempre considerato la squadra abruzzese un "puro" team dilettantistico, di U23 appunto.
«Allora la Fantini è diventata una società continental?», provo a rimediare convinto che un ragazzo così potesse correre al massimo in quella categoria, una specie di terra di mezzo tra i due ciclismi di razza. E la cosa mi avrebbe sollevato dalla prima gaffe.
«No» fa lui, con lo sguardo che vola lontano come un eroe del sol levante.
«No, corro per una Professional», abbassa appena gli occhi, il giusto per non mettermi a disagio. Punto e a capo.
«Ma allora sei un…!», faccio io di soppiatto cercando di dissimulare con un tono in falsetto la dabbenaggine appena mostrata.
Lui sorvola e mi racconta che ha vinto due tappe in un giro professionistico nel nord del Giappone e lo fa con lo spirito di un ciclopellegrino sulla via di Santiago di Compostela.
Io comincio a traballare ma prima di cascare faccio in tempo a sentire il finale: «Ho anche vinto la classifica generale; sono arrivato primo al tour de Hoccaido», dice. Altro punto, anzi stavolta sono due.
A me continua a sembrare eccezionale che uno così giovane abbia già partecipato da professionista a un lungo giro in una terra tanto lontana. E invece ci è andato, ha vinto due tappe e pure la generale. "Veni, vidi, vici"…anzi bici.
Lui è Riccardo Stacchiotti, ciclista di Recanati, che è stato U23 con la Mokador e la Fantini e ora mi sta lì davanti con l'aria filosofica di un apolide del ciclismo, di uno cioè che ovunque sia sembra correre sempre in casa. Un professionista vero, di classe ed io l'ho intervistato senza neppure accorgermene!

 

                                                                                                               G. Baiocco, maggio 2015